lunedì 9 maggio 2016

The dark side of the moon



Probabilmente sono una pessima madre.
In virtù di quel probabilmente sono qui a scrivere, visto che a volte mettere i pensieri nero su bianco aiuta ad ordinarli e analizzarli meglio.
Dubbi ne ho sempre avuti e spero di continuare ad averne: non sopporto chi crede di tenersi la verità in tasca. La vita fluisce, cambia, avanza e arretra: è un continuo mutamento a cui bisogna adattarsi a seconda delle circostanze.
Da che ricordo, ho sempre voluto essere madre (e mi sa che non è la prima volta che lo scrivo): da bambina adoravo le bambole, ma solo quelle che sembravano bimbi (ho detestato la Barbie con tutta l’anima) e i miei giochi erano sempre “di cura”, la scuola, l’ospedale e “le signore”.
Più grande, mi è sempre piaciuto avere qualche bimbo attorno, ma non me ne sono dovuta mai occupare direttamente (mai fatto la babysitter, ad esempio) così, una volta incinta, sono partita decisa ad acquistare libri e riviste perché volevo fare le cose per bene, essere informata e dare una base logica ai miei principi.
Una volta nata la prima figlia, ho cercato di fare la mamma da manuale, con tanto di termometro nell’acqua ad ogni bagnetto (per poi accorgermi dopo settimane di strilli che l’infante gradiva una temperatura diversa), sterilizzazione a tutto spiano (sono arrivata a mettere nello sterilizzatore un libro cartonato…con ovvi risultati!), niente addormentamenti in braccio e via di questo passo. Orgogliosissima di ogni tappa di crescita della bimba e, con la seconda, anche più disinvolta e meno rigida.
Però.
Ecco, c’è sempre un però.
Escludendo il momento della nascita, quando mia figlia davvero mi sembrava la più bella tra tutti i neonati, io non sono mai riuscita a non essere realista. Ho sempre notato i difetti, ho sempre riconosciuto chi, in qualunque campo, aveva un qualcosa in più, ho sempre distinto tra torto e ragione e non ho mai pensato, qualunque cosa succedesse, che le mie foglie fossero sicuramente le vittime della situazione. Valutavo, indagavo e poi obiettivamente vedevo se in quella circostanza era il caso di consolare o rimproverare.
Ed è così anche oggi che le ragazze ormai sono adulte. Non sono (non le vedo) sempre belle, sempre brave, sempre le migliori. A volte lo sono, a volte no. Ed è questo che mi fa dubitare.
Non sono gli errori a farmi dubitare, perché anche se mi dispiace averne fatti, so benissimo che è inevitabile: sono un essere umano, la perfezione non è di questo mondo e sicuramente tutti hanno la propria (più o meno lunga) lista di sbagli. Potrei scrivere pagine sui miei, ma non è questo il punto.
Il punto è che ovviamente amo le mie figlie (questo è fuori discussione), ma non sempre mi piacciono tutti i lati del loro carattere. Anche se vorrei che avessero una vita felice, senza dolori, senza difficoltà, non posso evitare di riconoscere i loro errori 8° cattivi comportamenti o quant’altro) ed essere consapevole che ognuno debba pagare i propri conti, anche loro.
Questo fa di me una cattiva madre? Il non difenderle “a prescindere”? dovrei chiudere gli occhi, ignorare la loro parte oscura e vedere solo quella luminosa, convicendomi che esista solo quella?
Non ci riesco proprio.
Ed è un tarlo che mi rode….