mercoledì 27 gennaio 2016

Io la penso così



Visto che lo fanno tutti, anch’io mi butto e dico la mia.
A meno che qualcuno non decida di fare l’eremita, totalmente isolato da tutto e da tutti, chiunque viva a contatto con il resto dell’umanità deve, più o meno, adeguarsi a leggi e convenzioni sociali.
A parte qualche regola quasi universale (immagino che in nessun luogo e tempo sia lecito ammazzare e rubare), sia leggi che convenzioni sono legate al momento storico e al luogo. Di per sé nulla è giusto o sbagliato in assoluto ma va sempre contestualizzato, e l’umanità è in continuo progredire (o in alcuni casi regredisce, ma questa è un’altra storia). Ad esempio, 100 anni fa in Italia le donne non avevano diritto di voto, oggi non sembra neppure possibile che fosse così. Ad esempio, in Giappone è considerato molto maleducato soffiarsi il naso in pubblico: ci sarà un motivo, non lo so, comunque sia è una di quelle regole non scritte che vanno sotto il nome di “convenzioni sociali” esistono per evitare la totale anarchia ma esistono anche per essere sorpassate, modificate, riprese….l’umanità non è statica ma in continuo movimento. La libertà assoluta è un’utopia (salvo per gli eremiti, forse): se voglio la libertà di ascoltare musica a tutto volume alle 2 di notte, il mio vicino vuole la libertà di poter dormire. Per fortuna esistono le cuffie e salvano entrambi i diritti, ma non sempre è così facile.
Il fatto è che siamo (fortunatamente) diversi e dobbiamo trovare il modo di convivere più o meno pacificamente, senza ferirci o calpestarci troppo l’un l’altro. Ma la cosa più importante è che nulla è eterno e immutabile: si possono (spesso si devono) mutare leggi, abitudini, convenzioni proprio per convivere al meglio.
Ognuno ha la propria storia che l’ha portato ad essere in un modo piuttosto che in un altro.
Io sono sposata, ho due figlie, due cani e un gatto, vivo in campagna e sono casalinga. Non concepisco una vita senza figli, sarei molto più triste senza animali, non riuscirei mai a vivere in una grande città e, se anche credo di aver parzialmente sbagliato a fare la casalinga, proprio mai avrei voluto o vorrei essere una donna in carriera. Non ho torto e non ho ragione, semplicemente io sono questa persona. Non mi sento minimante minacciata da chi è volutamente single, non ha figli, non terrebbe mai in casa un animale, vive felicemente in città e mette la carriera al primo posto nella sua scala di valori. Semplicemente siamo diversi, viviamo diversamente e finchè nessuno dei due cerca di imporre il proprio modus vivendi all’altro non ci sono problemi.
Quindi mi chiedo (eccomi finalmente al punto): ma dove sta il problema delle coppie gay?
Io proprio non mi capacito.
Personalmente credo che se un uomo e una donna decidono di convivere, per avere qualche tutela legislativa in più non avrebbero che da sposarsi (senza feste e pompa magna, 10 minuti in comune e via)  e quindi mi pare superfluo un “patto legale” che tuteli i conviventi e non si chiami matrimonio. Magari è un fatto psicologico, non lo so, io la vedo così ma se lo si vuole fare per me non cambia assolutamente nulla.
Altra cosa è l’esistenza di altri tipi di convivenze non di coppia (chiamiamola non amorose) che potrebbero/dovrebbero essere istituzionalizzate e tutelate: troviamogli un nome e delle regole di base (come mi pare funzioni in altri paesi) e fine del problema. E visto che, piaccia o no, gli omosessuali esistono (anche nel regno animale, nonostante la scienza non l’abbia voluto/potuto divulgare fino a poco fa), non vedo perché non abbiano il diritto di formare una coppia stabile che venga legalmente riconosciuta come un matrimonio.

lunedì 11 gennaio 2016

Il 2015 in libri



Come al solito, finito un anno mi piace fare il bilancio delle mie letture.
Devo dire che ho letto parecchio, 62 libri, alzando la mia media abituale.
La prima metà dell’anno è stata dominata dalla mia prima sfida letteraria, il Gioco della OSA. Una specie di gioco dell’oca con un percorso da seguire, caselle con missioni di vario tipo da portare a termine e punteggi. La parte decisamente più divertente e stimolante è stata quella di reperire il giusto libro per ogni missione. Tanto per citare alcuni esempi, libro distopico, spin off letterario, libro con occhiali in copertina, libro pubblicato nel proprio anno di nascita…. a volte con un determinato numero di pagine o altre limitazioni. Questo ha fatto si che mi accostassi a libri o generi a cui mai avrei pensato. Ho letto Hunger games (che pensavo fosse peggio di quel che è in realtà), ho colmato una lacuna della mia infanzia con L’isola del tesoro, ho scoperto che qualche fantasy ogni tanto ci può stare (La città dei libri sognanti) e mi sono accostata a due autrici di cui leggerò sicuramente altro, Bianca Pitzorno e Daphne du Murier. Ho anche fatto qualcosa che mi capita assai raramente, cioè rileggere. Dopo almeno 35 (se non addirittura 40) anni, ho riletto Il vecchio e il mare, che è servito a ricordarmi perché esistono scrittori, anche molto bravi, e Grandi Scrittori. Hemingway è stato forse il primo autore “da grandi” che ho iniziato a leggere all’epoca delle scuole medie, insieme a Steinbeck, Silone e via via altri…. Con la mia idea che c’è così tanto da leggere che manca il tempo per rileggere, non ho mai più preso in mano molti libri che, letti ora, con una diversa consapevolezza, sicuramente sono apprezzati ancora di più.
La parte negativa del gioco è stata la sua durata: sei mesi di letture in un certo qual modo “obbligate” mi è risultato un po’ pesante. Nonostante io non sia particolarmente competitiva (per la cronaca, sono arrivata nona su una settantina di persone iscritte), non è da me abbandonare una sfida, però alla fine mi mancava l’entusiasmo e la voglia di cercare. Bella esperienza, ma preferisco essere una lettrice molto più anarchica
Ho letto un libro reso famoso dall’omonimo film, American sniper. Mi è piaciuto poco, più che altro perché me lo aspettavo molto più (mi si passi il termine) interiore: pensavo ci fosse più spazio per pensieri e sensazioni che non per la descrizione di armi, colpi sparati, postazioni scelte…. Invece un altro libro dello stesso genere, Fratelli guerrieri, è stato decisamente una lettura molto più interessante, proprio perché lasciava spazio alla persona.
Le piacevoli sorprese sono state almeno tre. Il celeberrimo Io prima di te, che temevo fosse melenso e banale, invece si è rivelato un romanzo molto gradevole e soprattutto non superficiale; uno spassosissimo Tutto sulla Finlandia, divertente e ironico, e infine un giallista che molti mi avevano consigliato ma non avevo mai provato, Jo Nesbo: ho letto il suo primo thriller, Il pipistrello, e sicuramente continuerò con gli altri.
Ho naturalmente avuto spazio per alcuni tra i miei autori preferiti, che di solito per me sono una garanzia: Dunne (La grande amica, un lungo racconto), King (Mr. Mercedes, all’altezza delle aspettative, e Joyland, un pochino al di sotto delle sue potenzialità), Allend (Afrodita, che però ho trovato noioso e ripetitivo, per la prima volta una delusione) e Deaver (La stanza della morte, penultima indagine del mio amatissimo Lincoln Rhyme)
Ci sono stati libri che mi hanno lasciata perplessa. Innanzi tutto Nel segno della pecora di Murakami. Io ho uno strano rapporto con questo scrittore (a dire la verità con tutto ciò che è giapponese): non mi convince mai fino in fondo, ma continuo a leggerlo. Questo però mi sembra davvero il peggio riuscito tra tutti quelli letti, un nonsense che non faceva altro che ricordarmi la famigerata barzelletta della yellow pecora. Avrò problemi io, che dire. L’altro invece è stato Ritorno a Pompei della Nothomb, che non conoscevo. Ancora mi chiedo quale sia il significato, dove l’autrice voglia andare a parare…il “boh” con cui lei conclude il libro rispecchia benissimo lo stato d’animo con cui ho concluso la lettura… Se capita potrei darle un’altra possibilità, ma solo se capita accidentalmente.
Lascio per ultime le letture più belle: La zia Marchesa, ritratto di un luogo e di un’epoca bellissimo; L’estate di Ulisse Mele, vicenda famigliare vista con gli occhi di un bambino; Il richiamo del cuculo, che mette decisamente la Rowling tra le brave scrittrici, capace di produrre ottimi romanzi anche dopo Harry Potter e Io, te e la vita degli altri, deliziosissimo e divertente.
Infine l’unico “5 stelle” (ovvero il massimo) dell’anno, giunto proprio l’ultimo mese e casualmente: C’è bisogno di nuovi nomi, di NoViolet Bulawayo, scrittrice africana che vive negli Stati Uniti. Qui devo aprire una parentesi. Ho iniziato a partecipare alle catene di lettura con il gruppo di amiche di libri, che ormai sono diventate amiche e basta. In pratica ognuno mette a disposizione un libro che viene spedito a chi vuole leggerlo e che lo arricchirà con note, commenti ecc, finchè non ritorna al proprietario dopo essere stato in giro per tutta Italia (oddio, torna….poste permettendo!). E’ stata proprio una catena a farmi arrivare a questa lettura, di cui non avrei saputo l’esistenza. Credo sia autobiografico, o almeno lo sia in parte. C’è l’Africa povera e violenta, c’è l’America sognata e quella reale. Come sempre, io privilegio le emozioni che un libro regala, e questo è stato generosissimo.
Tutto sommato devo dire che è stato un anno non eccelso ma ricco di letture positive, quindi posso dirmi soddisfatta. Del resto, l’unico rimpianto è sempre lo stesso “così tanti libri da leggere, così poco tempo per farlo…”