lunedì 28 dicembre 2015

mercoledì 18 novembre 2015

Quello che so fare



Immagino che ognuno abbia le sue personali abilità, più o meno comuni, più o meno eclatanti.
Così mi è venuto in mente di fare una lista delle mie.

-So cavarmela in cucina.
Non sono una chef e, da buona vegetariana, non so fare un arrosto né un ragù. Mi manca anche l’abilità artistica per presentare i piatti come fossero opere d’arte. Però ho una collaudata, e lunga, lista di primi, torte salate, piatti unici, cibi etnici e soprattutto dolci che mi permette di essere soddisfatta di me stessa.

-So ricamare a punto croce e lavorare a maglia.
E’ un po’ che non produco nulla di nuovo, ma certe abilità sono come andare in bicicletta: una volta imparato non si scorda più

-So tenere in braccio i bambini.
Facile, lo fanno tutti! Eh, no! Io li prendo in braccio e loro non piangono, ma trovano la posizione per rilassarsi. Perché, parafrasando Snoopy, per me felicità è un bimbo caldo (che dorme in braccio).

-So perdermi.
Che abilità è? E’ una e propria abilità, se consideriamo che riesco a perdermi in ogni luogo, compreso un minuscolo appartamento: mai che azzecchi la porta d’uscita al primo tentativo! E ovviamente in auto riesco anche a far impazzire il navigatore, sbagliando clamorosamente le indicazioni che mi dà. Se ne avesse la possibilità, credo che si metterebbe a piangere disperato!

-So “fiutare” le persone.
Nel senso che la prima volta che incontro una persona (non sempre e non a comando) ho una sorta di sensazione che mi fa capire se è un tipo positivo o negativo. In tutta la mia vita non ho mai sbagliato una volta. Peccato che non accada sempre, soprattutto non funziona se ci penso. E’ come una specie di fulmine che cade senza preavviso.

-So prevedere la neve.
Qualche ora prima che nevichi, sento  un tipo di freddo molto particolare che mi prende la schiena, come se mi scorresse addosso acqua gelata. La cosa buffa è che questa era un’abilità di mia nonna: finchè c’era lei io non l’avevo, da quando è morta è 2passata” a me.

-So indovinare il colpevole in libri e film gialli.
Infatti perché io definisca un thriller veramente bello, deve riuscirmi difficile capire. Altrimenti che gusto c’è?

-So dimenticare il tempo che passa mentre leggo.
E si commenta da sé.

-So dormire dovunque e comunque
In famiglia il mio sonno è proverbiale e c’è una lunga serie di episodi eclatanti. Ad esempio in prima elementare mentre tornavo a casa da scuola mi sono addormentata sulla canna della bicicletta di mio papà. Non mi sono svegliata quando, esattamente sotto la mia finestra (al primo piano e con le finestre aperte) hanno spaccato a mazzate una panchina di pietra spessa dieci centimetri. Ho dormito in piedi appoggiata alla parete su un treno talmente affollato che eravamo nello spazio tra una carrozza e l’altra8c’è da dire che avevo 20 anni e tornavo da una vacanza in tenda con le amiche….evidentemente ero in carenza di sonno!). Mi addormentavo tra una contrazione e l’altra quando stava nascendo la mia prima figlia….

-So far morire le piante.
O forse è meglio dire che so indurla al suicidio, visto che non faccio loro nulla di male. Credo che al mondo nessun altro sia stato capace di far morire la menta, nota come pianta infestante.

-So fare figuracce colossali perché o non riconosco le persone o scambio perfetti sconosciuti per amici. Devo dire che, dopo la figuraccia di turno, so mantenere un aplomb invidiabile, incassando con stile.

-So dominare il denaro.
Nel senso che, nella vita quotidiana, so risparmiare, so evitare di andare in rosso, so cavarmela con quello che ho a disposizione. Ma so anche spendere: che sia 10, o 100 o un milione, datemi qualunque cifra e la faccio sparire in un nanosecondo!

-So trovare gli oggetti persi, soprattutto altrui.
Memorabile è stata la volta in cui, passando una settimana dopo nel luogo (un prato!) in cui un’amica aveva perso un orecchino, l’ho ritrovato.

-So essere organizzatissima ed efficientissima e al contempo so perdere le ore guardando Pinterest o i cataloghi di Maisons du monde

-So farmi intenerire da qualsiasi animale (va beh, insetti esclusi!), anche il più brutto e spelacchiato, anche il più scorbutico.

Al momento non mi viene in mente altro, ma non mi par poco.
Potrei anche fare una lista in negativo, cioè delle cose che non so fare. Ma questa è un’altra storia….

venerdì 9 ottobre 2015

Tutto qui...

Quest'estate ho scritto un sacco di post.
Dove sono?
Tutti qui, nella mia testa.
Li pensavo, progettavo, correggevo e poi, al momento di metterli su carta (si, sono "antica": io prima scrivo con carta e penna, poi correggo mentre copio al computer), c'era sempre qualche impedimento.
Perchè hai voglia a cercare di essere positiva, a voler tirar fuori il meglio di ogni situazione: da qualsiasi lato la si guardi, per me quest'estate è stata pessima.
Sorvoliamo pure sul fatto che non ho potuto andare in vacanza, visto che lo sapevo da tempo. Ciononostante la cosa mi indispone assai, perchè se una casalinga non se ne va da casa non smette di lavorare: è come un medico che non esce dall'ospedale o un camionista che non scende dal suo camion. Però, accidenti, dopo una serie di estati brutte e freddine, proprio questa in cui ero inchiodata qui doveva essere torrida? Sarò una lagna, ma io il caldo umido non lo reggo: svenimenti e problemi alla pelle per via del costante velo di sudore umidiccio  mi hanno accompagnata fedelmente per più o meno tre mesi.
Poi, appena mi è parso di respirare, ecco che mi prende una sciatalgia acutissima. Quattro notti in bianco (io che mi assopivo tra una contrazione e l'altra quando ho partorito la prima figlia, tanto per rendere l'idea!) e più di una settimana a consumare i pasti in piedi perchè non c'era il verso di stare seduta...un incubo. C'è voluto quasi un mese per tornare nella norma, un mese di cortisone e antidolorifici. Sto ancora facendo esami (che confermano quanto io e la mia schiena abbiamo due età molto differenti) ma il verdetto è più o meno che potrebbe ricapitarmi, tra un giorno, un anno o molto di più.
Mi fermo qui, perchè poi ci sarebbe tutto un lungo e noioso elenco di fatti negativi che, da soli, sarebbero di poco conto, ma uno in fila all'altro portano all'esasperazione.
Va bene, è passato. Non che il presente abbia una bella cera, e il futuro promette peggio...
E quindi?
E quindi niente, il tempo se ne frega altamente di me e continua a scorrere, non posso che adeguarmi.
Ci saranno cambiamenti, dovrò riorganizzare (e accettare) il nuovo quotidiano.
A volte mi sembra che i giorni mi sfuggano di mano e vorrei proprio trovare un senso a tutto (o almeno a buona parte).
Mi piacerebbe avere qualcosa di bello da aspettare, ma la realtà e il buon senso mi dicono che non ci sarà, anzi. Troppi avvenimenti sfuggono al mio controllo (ma anche al mio desiderio) e per il mio carattere non è facile accettarlo.
Mi sento un po' ibernata, in attesa che qualcosa mi svegli: pessima sensazione.
E allora al diavolo tutto quanto, vado a farmi una tazza di te: il mondo va avanti comunque...

domenica 26 luglio 2015

Sunday blues

Mi ricordo la sensazione fin da quando ero una bambina. Allora era associata ad un suono ben preciso, la sigla della Domenica sportiva. Mia mamma accendeva la tv per contrallare i risultati della schedina fatta da mio papà e quella sigla per me era il segnale che la domenica era finita e mi prendeva una specie di malinconia.... Non so (o non ricordo) il perchè.
Poi, da ragazzina, avevo la stessa sensazione, più o meno, ogni volta che arrivava la sera della domenica e non era accaduto nulla di grandioso e spettacolare, come mi immaginavo al mattino. Chissà per quale motivo mi aspettavo sempre che la domenica fosse una specie di giornata magica, in cui tutto diventava possibile. Poi magari si rivelava una giornata grigia di pioggia, oppure restavo in casa tutto il giorno con la sola compagnia di musica e libri, oppure dovevo studiare per qualcosa di impegnativo e quando arrivava sera mi pareva di aver sprecato un'occasione...
Diventando adulta questa sensazione si è persa, un po' nel vortice delle cose da fare, un po' perchè sogni e aspettative nel tempo sono diminuiti.
Ora però a volte, come oggi, mi ritorna. Ed è difficile trovare una ragione. Di solito la domenica è un giorno volutamente lento, di relax e ultimamente lo passo quasi sempre facendo una bella camminata e poi rilassandomi con un libro.
Eppure c'è qualcosa che mi sfugge, come una scia di profumo nell'aria che vorresti seguire ma appare e scompare fino a perdersi del tutto.
La malinconia del tempo che passa troppo in fretta?
La malinconia dei bilanci che in certi momenti della vita si fanno e a volte si scopre che sono in rosso?
La malinconia di sogni lontani, inafferrabili, tanto fragili da aver paura di spezzarli e ferirsi con i cocci?
Non lo però stasera ho trovato una soluzione momentanea: una bella sangria!

domenica 28 giugno 2015

Il mio Speaker's Corner

Nel mondo anglosassone lo speaker's corner è un'istituzione. Per non dilungarmi in descrizioni, chi non lo conosce può trovare una spiegazione qui
Non so come mi sia tornato alla mente, ma ho sempre pensato che fosse una bella cosa.
Forse il mitico autocontrollo inglese è garanzia di riuscita mentre da noi, popolo decisamente più "caliente", ci sarebbero forse più scontri... o forse è solo questione di abitudine ed educazione. Probabilmente non lo saprò mai.
Vorrei provare un mio piccolo e personale esperimento: una sorta di speaker's corner virtuale su questo blog. senza una cadenza precisa, semplicemente quando avrò tempo e voglia, mi metterò in questo angolo immaginario e scriverò la mia personale arringa contro o a favore di qualcosa. Senza essere politically correct, senza pretendere di avere la verità assoluta tra le mani, dirò semplicemete quello che penso. a volte su questioni serie, a volte su madornali stupidaggini.
 Una specie di inno alla libertà di parola.
Per questo chiedo preventivamente scusa se qualcuno si sentirà offeso: non è mia intenzione offendere nessuno. Conosco persone di ogni tipo e con differenti idee, quello che dico non può piacere a tutti. Ad esempio, se tra gli amici avessi il signor X che va a caccia, scrivendo contro i cacciatori non me la voglio prendere con lui, perchè molto probabilmente tale signor X avrà talmente tante altre qualità che me lo rendono amico anche se in quanto cacciatore avrà tutta la mia disapprovazione.
A volte generalizzerò, quindi ognuno tragga le sue conclusioni (in ogni generalizzazioni ci sono per forza di cosa le eccezioni), a volte esagererò, a volte andrò decisamente contro corrente, a volte sarò noiosa e pesante.... Bene, in quest'angolo non mi importa: vige la massima libertà (compresa quella di commentare e criticarmi)
.
Ed ora, tanto per provare, il mio primo "discorso"

S.C: io e gli automobilisti
Ho preso la patente a 18 anni, quindi sono parecchi decenni che guido. In genere mi attengo alle regole, pur umanamente infrangendole qualche volta. Quello che noto è un peggioramento delle abitudini degli automobilisti.
 Non voglio ora parlare di come la gente tenda sempre più a non viaggiare a destra ma a spostarsi verso il centro della strada e a tagliare le curve (e vivendo in una zona di strade strette la cosa assume toni drammatici, a volte).
Non voglio nemmeno parlare di chi non fa viaggiare i bambini sui seggiolini, anche se la cosa mi fa assai arrabbiare.
Quello che veramente mi fa imbufalire, è la totale ignoranza della maggior parte delle persone riguardo alla svolta a sinistra in un incrocio. Svolte e incroci fanno parte dei quiz della patente, perchè si tende a cancellarli dalla realtà?
 Il modo corretto è questo:

è semplice ed è pure conveniente, visto che due auto possono passare conemporaneamnte.

Mentre questo è totalmente scorretto:

Volte ripassarvi i quiz per la patente??

domenica 26 aprile 2015

Io leggo perchè



Ho cominciato a leggere a 5 anni.
Ho imparato da sola. Non ho la più pallida idea del come, mentre sul perché potrei azzardare qualche ipotesi. Figlia unica, niente asilo, molto tempo da sola e molti libri in casa.
Quale che sia il motivo, ho iniziato la scuola che leggevo e scrivevo bene, tanto che per tutta la prima elementare ho seguito un programma diverso dal resto della classe. La maestra voleva che io passassi direttamente dalla prima alla terza, ma i miei genitori hanno saggiamente rifiutato. Non ho dovuto forzare le tappe  e questo mi ha aiutato a mantenere un buon rapporto con la scuola e con i libri.
Da bambina amavo l’avventura e i gialli: ho divorato Salgari e una collana Mondadori che credo si chiamasse I gialli dei ragazzi o qualcosa di simile: la mia eroina era una tale Nancy Drew (che ovviamente sognavo fosse il mio alter ego).
L’età d’oro della lettura è stata decisamente quella delle scuole medie. Da una parte ho scoperto la biblioteca del paese in cui vivevo e ho avuto un’insegnante di italiano bravissima che non ha mai imposto nulla ma a cui chiedevo consigli, dall’altra c’erano le lunghe estati solitarie che passavo nella casa in cui ero nata ma che all’epoca era diventata la casa delle vacanze. Troppo grande per giocare ma troppo piccola per andare in giro, senza le mie amiche e con lunghe giornate vuote, avevo scoperto i libri che si erano accumulati in quella casa 8di mia mamma e dei suoi cugini). E così leggevo. Tra l’ingresso e il giardino c’erano tre gradini in cemento: ci mettevo un cuscino e mi piazzavo lì, a volte dopo pranzo e restavo fino all’ora di cena, senza muovermi e divorando di tutto: dai romanzi rosa di Delly ai grandi classici come Dickens o D.H. Lawrence (ricordo l’espressione un po’ stranita di mia mamma quando mi ha trovata con  L’amante di Lady Chatterley!)
Gli anni del liceo sono stati quelli che io definisco delle letture sistematiche: trovavo un libro che mi piaceva e mi facevo un punto d’onore di leggere tutti gli altri libri dello stesso autore (mania che mi è in parte rimasta). C’è stato Hemingway, Steinbeck, Pavese, Hesse, Silone….
L’università mi ha rallentata un po’: studiando letteratura avevo talmente tante letture per dovere che un po’ 8ma solo un po’) stavo perdendo il gusto della lettura per piacere. D’altra parte però un esame di ispano-americano mi ha aperto la porta sulla letteratura sudamericana (partendo da Marquez), diventata poi uno dei miei tanti amori.
Ho ripreso un ritmo di lettura normale per i miei standard finchè non sono arrivate le figlie. Sebbene appena  avessi scoperto di essere incinta il mio primo acquisto per il bebè sia stato un libro, per me il tempo si è ridotto sempre più. Il vero periodo “buio” però è iniziato con la nascita della seconda figlia: le bimbe, la casa, i lavoretti per arrotondare mi facevano arrivare a sera esausta e senza aver avuto un attimo libero. Credo di aver letto non più di 4 o 5 libri all’anno. In compenso passavo ore a leggere alle figlie, che erano sommerse dai libri 8e tutt’ora sono grandi lettrici): alcuni li ricordo ancora a memoria!
Pian piano sono riuscita a riprendere i miei spazi di lettura fino ad arrivare alla sensazionale 8per me) scoperta del social Anobii, che mi ha cambiato molte prospettive.
Innanzi tutto ho trovato persone con cui confrontarmi (oltre ai pochi amici lettori che avevo), poi sono passata dal comprare uno o due libri per volta ad avere in casa una cinquantina di libri ancora  non letti. Ho conosciuto nuovi autori, sto partecipando alla prima sfida letteraria della mia vita, sono stata al Salone del  Libro, ho conosciuto un’autrice e ho organizzato la presentazione del suo libro…. Se possibile, sono diventata ancora più 2innamorata” della lettura.
 Non sono ancora riuscita ad appassionarmi all’ebook reader, che ho e anche ricco di titoli…ma ancora non mi ci trovo. Io voglio avere in mano il libro tradizionale, sfogliarlo, annusarlo 8l’odore della carta è tra i miei profumi preferiti)… Magari tra qualche anno cambierò idea, ma per ora è così.
E quindi “io leggo perché”…non c’è bisogno di un perché. Il fatto di amare la lettura è semplicemente qualche cosa che mi definisce, come l’altezza o il colore degli occhi.
In tutta questa storia c’è solo un piccolo ma inevitabile rammarico: così tanto ancora da leggere e solo una vita per farlo….

lunedì 13 aprile 2015

Ciao, piccolo



Floki era il gattino sfortunato della cucciolata. L’ho portato a casa che aveva a malapena  40 giorni, sottopeso, con il raffreddore e gli occhietti che si incollavano quando dormiva e dovevo lavarli per scollarli.
Dopo una settimana, biberon e omogeneizzati, antibiotico e pomata negli occhi era già una meraviglia.
Floki credeva di essere un qualcosa a metà tra i cani e gli umani: del gatto aveva solo lo sconfinato amore per le scatole
Floki era pressochè vegetariano: disdegnava carne e pesce ma adorava patate, zucchine e impazziva per la zucca. Era famelico, e faceva almeno tre colazioni, due pranzi, due merende, tre cene e lo spuntino della buonanotte.  Quando qualcuno beveva te o caffè, arrivava per mangiarsi un cucchiaino di yogurt.
Floki stava tanto tempo con i cani, si sdraiava sulla loro coperta, metteva il naso sul loro naso, giocava con la loro coda.
Floki era un giocherellone incredibile: portava pupazzetti di peluche in giro per casa, passava le mezz’ore nella vasca da bagno con una biglia ma, soprattutto, il suo gioco preferito era una pallina di stagnola che prendeva in bocca, ci portava e aspettava che gliela lanciassimo per rincorrerla, riportarcela e via,,,
La mia giornata iniziava con il suono della sveglia e Floki che, ovunque fosse, in un nanosecondo si materializzava davanti al mio naso facendo le fusa e aspettando la bustina. E la giornata finiva con Floki che aspettava che salissi per andare a dormire e gli dessi l’ultima bustina, strusciandosi contro le mie gambe e facendo le fusa
Chiunque tornasse a casa, veniva accolto da Floki, che faceva le feste come i cani. A volte arrivava con loro, a volte addirittura prima.
Floki rispondeva al suo nome: bastava chiamarlo e spuntava, con il suo musino interrogativo e speranzoso, caso mai ci fosse pappa in arrivo!
Gli era rimasto una specie di raffreddore cronico: almeno una volta al giorno cacciava un potente starnuto con conseguente lancio di muco e nostra corsa per recuperare  “l’alieno”  e pulirgli il naso. Non gli piaceva molto, però
Il periodo natalizio era stata una manna per lui: avremo rifatto l’albero di Natale un ventina di volte, mentre lui impavido lo rismontava per giocare con le decorazioni.
Ultimamente aveva scoperto il giardino e scorazzava libero e felice, anche se rientrava spessissimo perché adorava stare con gli esseri  umani. Aveva anche imparato a presentarsi quando spazzolavo i cani per essere spazzolato pure lui.
Ieri Floki aveva compiuto 11 mesi: aspettavamo il suo compleanno per  rifare la prima foto vicino ad un peluche e mostrare la differenza di misura e quanto era diventato bello. Volevamo anche fargli un muffin o qualcosa alla zucca tutto per lui
Floki stamattina è stato investito da un’auto sul cancello di casa, morendo sul colpo. Ora immagino che stia rincorrendo la sua pallina di stagnola nel paradiso dei gatti. A me quaggiù resta un vuoto immenso.
Ciao, piccolo.

sabato 7 marzo 2015

Uomini & donne

Facciamocene una ragione: donne e uomini sono diversi, non si può dire altrimenti.
Ci sono tanto di spiegazioni scientifiche su dimensioni, connessioni e prevalenza di emisferi cerebrali, ma ancor più di questo c'è la pratica quotidiana.
Se togliamo tutte le sovrastrutture culturali (condizionamenti, abitudini ecc.) e le caratteristiche personali, le differenze restano. Con qualche rarissima eccezione, ci sono cose che prorpio sono innate, non c'è nulla da fare.
Qualche esempio?
Da Ulisse in poi, mai che un uomo chieda informazioni su una strada che non conosce. Non è virile? Non lo so, io come tutte le donne non ho problemi: fermo un passante, chiedo, risolvo. Ma l'uomo no, lui deve trovare la via da solo, fosse necessario metterci il triplo del tempo o fare 50 km invece che 5, ma deve dimostrare di aver fatto tutto da sè. Addirittura deve trovare le scorciatoie, che il più delle volte si rivelano "allungatoie" o sentieri per capre, ma pazienza.Il navigatore sarebbe la soluzione, ma mentre noi ci affidiamo senza problemi a questa fantastica tecnologia, loro non lo considerano perchè hanno sempre un'alternativa migliore (affermano).
Se si chiede ad un uomo che è appena stato ad un matrimonio com'era il vestito della sposa, un buon 95% risponderà "bianco" (il restante 5% ha partecipato ad un matrimonio in cui la sposa non era in bianco). La stessa domanda posta ad una donna genererà un lungo e dettagliato resoconto che parte dalle scarpe e arriva all'acconciatura, con tanto di opinioni personali come contorno.
Lo stesso vale per la descrizione di una persona del genere "ti ricordi tizio/a a quella festa/riunione ecc?" Per la donna la descrizione parte da precise caratteristiche fisiche (altezza, corporatura, capelli) e dall'abbigliamento, per l'uomo si divide in due categoriae. Se la persona in questione è un maschio menzionerà qualche vaga caratteristica fisica (che potrebbe applicarsi a tre quarti dei presenti), se è una femmina la descrizione verterà su alcune ben precise caratteristiche fisiche (lascio all'immaginazione quali...). Ovviamente l'abbigliamento non sarà neppurte preso in considerazione.
E la memoria? Un uomo si ricorda i più incredibili particolari di una partita/gara (a seconda dello sport che predilige) di anni addietro, con tempi, risultati, carateristiche di ogni singolo sportivo.... ma non dove sono i suoi calzini, magari nello stesso identico posto da anni. Ovviamente per la donna è l'esatto contrario.
Ma il massimo lo si raggiunge con le malatie, soprattutto quelle più banali tipo raffredore, influenza e via dicendo. In un uomo uno starnuto genera il panico (potrei avere la broncopolmonite), e 37,1 di temperatura richiede l'intervento di un notaio per fare testamento. Li si vede sdraiati sul divano (o nel letto) e ogni  5 minuti chiamano con voce lamentosa perchè hanno caldo/freddo/sete/proviamo di nuovo la temperatura/sei sicura che non sia meglio risentire il medico... Una donna nelle stesse condizioni mal che vada prende un'aspirina, per il resto non cambia di una virgola la sua routine.
Potrei continuare, ma credo sia sufficiente.
Facciamocene una ragione, dicevo all'inizio, e non prendiamocela. In fondo, se fossimo tutti uguali il mondo sarebbe un bel po' più monotono.
P.S. Ricordiamoci che l'8 marzo è la giornata della donna e non una banale festa.

Spring is comming

Ci saranno ancora giorni fredde, gelate notturne e tanta pioggia, ma un timido accenno di primavera comncia a farsi strada

domenica 22 febbraio 2015

E quindi?

Mi è sempre piaciuto scrivere. E una volta ero anche abbastanza capace.
Un foglio bianco era un'attrazione irresistibile. Dalle elementari al liceo, il classico tema per me era una goduria: niente da preparare, aspettavo il titolo e partivo. Avevo sempre qualcosa da dire, un'opinione da esprimere, un commento da fare. Ancora negli anni dell'università tenevo un diario e poi scrivevo lettere... alle amiche, agli amori, a chi era lontano ma anche a chi vedevo spesso. Con un amico di università ci scambiavamo le lettere più assurde possibili, era una specie di gara. Ricordo quella a spirale, una riga per il verso giusto e una al contrario, una riga in italiano e una in inglese, scritta con la penna vedre sul foglio verde...
E poi ho smesso. Forse per mancanza di tempo, forse perchè presa da altri eventi.
Quando ho riprovato ho scoperto di aver perso (o scordato?) la capacità. Ho dato la colpa alla mia vita un po' scialba. Ma in fondo credo che sia solo un alibi. Perchè qualsiasi talento uno ce l'ha o non ce l'ha. E uno scrittore, se vuole, sa riempire pagine anche solo descrivendo una formica.
Ad esempio, Salgari non ha mai lasciato l'Italia. Chi scrive di fantascienza attinge solo dalla sua immaginazione. Un giallista non è (o almeno spero!) un assassino. Non che io voglia paragonarmi ad uno scrittore vero, ma cerco di trovare i motivi di questo cambiamento.
La vita scialba in effetti c'è: può soffocare la fantasia? Può togliere la capacità di giocare con le parole, mescolarle, sceglierle, farle fluire senza fatica? Può appesantire ogni frase, farla risultare vuota, noiosa, banale?
Ho perfino ricominciato a scrivere lettere: nell'era di email e whatsapp (che uso abbondantemente) ho trovato un bel gruppo di svaporate come me con cui scambioare lettere "vere". A volte scrivo a ruota libera, a volte mi viene più difficile. e siccome sono testarda, continuo a rimuginare perrchè sono infastidita da questa situazione.
Ma poi penso anche: se fossi capace di scrivere pagine su una formica, a chi mai potrebbe interessare? O su quella strana sensazione che mi prende quando viaggio di notte in auto e vorrei che la strada e il buio non finissero mai? O ancoa su quanto sono belli i fiocchi di neve che ti corrono incontro quando viaggi e ti sembra di stare in una di quelle bocce kitsch che andavano di moda tempo fa? E' anche vero però che si scrive per sè e non per gli altri.
E quindi, la conclusione di tutti questi miei discorsi?
Ho riempito uno spazio di parole senza avere nulla da dire. Forse ce l'ho fatta o forse no, ma è stato piacevole. Ed è già un risultato.

sabato 17 gennaio 2015

sabato 10 gennaio 2015

Senza commento

LE 10 REGOLE PER IL CONTROLLO SOCIALE - Noam Chomsky

L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.

1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…

7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

giovedì 8 gennaio 2015

sabato 3 gennaio 2015

Un anno di libri

Mi piace sempre fare il bilancio di un anno di letture.
Nel 2014 sono rimasta sul mio standard, leggendo 49 libri...e mezzo, perchè l'ultimo iniziato è ancora in lettura.
Il libro più divertente è stato quello con cui avevo aperto l'anno: Lo zio Oswald di Roald Dahl. L'autore è già di per sè una garanzia, e questa storia irriverente e ironica mi ha divertito davvero molto.
Qualche libro mi ha delusa, perchè mi aspettavo di più o perchè me lo aspettavo diverso: La svastica sul sole, Leggere Lolita a Teheran e 12 anni schiavo.
Un discorso a parte merita Stephen King. Ho letto Doctor Sleep e dire proprio che mi abbia deluso no, ma mi ha dato l'idea di essere diventato troppo buono con l'età. Vent'anni fa i cattivi sarebbero stati più cattivi, il finale non si sarebbe raggiunto così facilmente e lungo la strada sarebbero morti più personaggi. il genio inventivo c'era (i "diavoli vuoti" sono stupendi), ma si è un po' perso, un po'....diluito è il termine che mi viene. Però il Re è sempre il Re e si è riscattato con 22/11/63, che mi è piaciuto molto di più.
Ho scoperto un'autrice che mi incuriosiuva da molto tempo, Simonetta Agnello Hornby: la sua Mennulara è stata una rivelazione e sicuramente leggerò altro.
La lettura che mi ha affascinato è stata I custodi del libro: la storia (a ritroso nel tempo) di un libro, partendo dal suo ritrovamento ai nostri giorni per arrivare secoli addietro al momento in cui è stato scritto.
Poi ci sono state le letture folli: ben 5 libri di Palahniuk (Survivor, Invisible monsters, Rabbia, Soffocare, Pigmeo), autore che definire folle è sicuramente riduttivo. accanto a questi però metto anche La città e la città: non il mio genere, ma ciononostante una lettura talmente particolare da lasciarmi piacevolmente sorpresa.
Molte sono le letture "ad alto punteggio", come mi piace definirle: Circolo chiuso (continuazione di La banda dei brocchi, ma ancora meglio), The help, La sfuriata di Bet, Il colore del latte, Una cosa da nulla, Non ti muovere, La figlia dello straniero. Diversissimi tra di loro, ma decisamente di mio gusto.
Ho lasciato per ultimi i due migliori, vale a dire quelli che mi hanno emozionato più di tutti. Curiosamente tutti e due hanno come protagonista una ragazzina, anche se le storie sono ambienrtate in momenti e situazioni lontanissime: Gli effetti secondari dei sogni e Storia di una ladra di libri. Li eleggo a migliori letture dell'anno, senza alcun dubbio.
Bilancio positivo, dunque.
Pronta a ripartire, questa volta con una novità. almeno per la prima parte dell'anno, le mie scelte saranno condizionate dalla partecipazione ad una sfida letteraria, il gioco dell'OSA tutte le informazioni qui). Non ho mai provato nulla di simile, vediamo dove mi porterà questo diverso modo di leggere.
Appuntamento qui, tra un anno.