sabato 3 dicembre 2016

Poesia del giorno

"Ode alla vita", di Martha Medeiros


Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia di vestire un colore nuovo,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero al bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in sé stesso.

Muore lentamente,
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare.

Muore lentamente,
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore,
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.

martedì 11 ottobre 2016

Allyncontriamoci a Genova

Mettiamo un social network basato sui libri (chiamiamolo Anobii), dove è possibile anche creare dei gruppi in cui le persone possano "chiacchierare".
Mettiamo che un giorno ad una ragazza (chiamiamola Ally) venga l'idea di aprire un gruppo per scambiarsi e regalarsi  libri.
Mettiamo che, col tempo, il gruppo cresca, muti, diventi scambio di regali di compleanno, lettere (si, quelle old style, con busta e francobollo!) e anche incontri reali.
Mettiamo che a qualcuno venga l'idea di creare una sorta di sottogruppo su whatsapp. Le chiacchiere diventano quotidiane, le amicizie diventano "reali", si partecipa a matrimoni, nascite, gioie e dolori.
Mettiamo che un giorno qualcuno (chiamiamola Roby) decida di organizzare una sorta di raduno per ringraziare Ally di aver dato il via a tutto quanto.
Ed è così che nasce un weekend fantastico, dove 17 anobiane, 11 accompagnatori (7 adulti e 4 bambini) e un cane si sono incontrati tra abbracci, risate, lacrime di emozione, regali, libri, confusione e allegria. Annullate le differenze d'età, in un miscuglio di accenti diversi che si accavallavano, abbiamo dato vita all'assioma che i libri uniscono.
Il weeknd è iniziato con un sabato mattina di continui arrivi, con tutti i mezzi, dall'auto, al treno, al camper. Siccome l'idea era di fare una sorpresa ad Ally (ignara di tutto e convinta di passare un tranquillo weekend con Roby), man mano i nuovi arrivati si nascondevano in casa di Roby (con grande disappunto dei due gatti che credo ci abbiano odiato con tutta l'anima) fino all'arrivo di Ally. Sorpresa riuscita, pranzo e poi tutti al punto bookcrossing dove Claudia ci ha accolte con entusiasmo e una gentilezza infinita. In queste due stanzette ci siamo scambiate libri e regali e siamo venute a conoscenza del bellissimo progetto AMA, una biblioteca di quartiere dove è possibile sia prendere libri in prestito, sia scambiarli. Un modo di "fare quartiere" attraverso i libri, un punto d'incontro, un esperimento da prendere a modello per altri luoghi.
La sera cena con piatti tipici genovesi, pesca del libro (un'usanza tutta anobiana di regalarsi libri ad ogni incontro) e poi tutti a nanna, anche se il sonno ha stentato ad arrivare per via delle emozioni della giornata.
Il mattino dopo, con un bel sole, tutti insieme alla scoperta di Genova, con un cicerone d'eccezione, la bravissima Anna che, tutta presa dalla spiegazione, è inciampata cadendo malamente su un polso: ha voluto a tutti i costi passare il resto della giornata con noi e solo alla sera si è decisa ad andare in ospedale per scoprire di essersi guadagnata un bel mese di ingessatura.
Gli accompagnatori, mariti e fidanzati, hanno trovato il modo di fare gruppo...forse più grazie a grappa e birra che ai libri, ma bisogna pur socializzare in qualche modo! I bambini sono stati bravissimi e si sono lasciati "babysitterare" da chiunque ne avesse voglia.
Dal tardo pomeriggio sono iniziati saluti e partenze e ognuno è tornato a casa portandosi regali, libri, foto e un bel carico di emozioni da smaltire.
Alla prossima!

venerdì 2 settembre 2016

Alieni tra di noi

Cari italiani,
vogliamo smetterla una buona volta di dare il nostro voto a degli emeriti imbecilli che evidentemente non vivono in Italia ma in un universo parallelo?
Qui non si tratta di destra o sinistra, di ideologia, di avere un'opinione o un'altra, ma piuttosto di vivere nella realtà o no.
Quello che in primis mi fa rabbia è il fatto che una donna (se fosse un uomo non sarebbe giustificato, ma almeno potrei aspettarmi che non si renda pienamente conto) venga a dire alle altre donne se e quando fare figli.
 Ma come si permette?
E' vero che la fertilità non è eterna, che c'è un orologio biologico e blablabla, ma questo lo sanno tutti. E ciascuno è libero di scegliere come meglio crede, compreso far figli a 40 anni, farne 1 oppure 4 o soprattutto non farne affatto.
Non mi addentro poi nella questione più ampia: la terra è già sovrappopolata, casomai ci vorrebbe uno spostamento degli equilibri tra le varie zone del mondo, non di certo un incremento della natalità.
Detto questo, arriva la parte che mi da la certezza che questa "ministra" viva altrove. C'è chi i figli li vorrebbe, ed è innegabile che ci voglia un pizzico di incoscienza e pazzia per metterli al mondo, ma un conto è essere ottimisti e scommettere sul futuro, un altro è essere scriteriati e credere che i figli possano vivere d'aria, magari sotto un ponte!
La maggioranza delle giovani donne di oggi (e i loro compagni) non hanno un lavoro. se ce l'hanno è sottopagato, precario e magari anche con orari improponibili.
Non si può sostnere un mutuo (che comunque le banche non concederebbero) o pagare un affitto, non si può chiedere un congedo di maternità, non si può pagare il nido o la babysitter e magari neppure si vuole pensare di vedere il proprio figlio pochi minuti al giorno!
E c'è anche chi esorta i giovani a muoversi, andare all'estero, cambiare città, essere flessibili (di per sè tutte cose bellissime e più che condivisibili) ma.... facilissimo con un figlio al seguito, no?
Riassumendo: una donna deve studiare (con mille specializzazioni e stages in giro per il mondo), viaggiare, impegnarsi nella cariera e, prima dei 30 anni o giù di lì, fare almeno un paio di figli, altrimenti.... Altrimenti cosa? vorrei capire... (ed esortare a contare gli anni: o si passa dalle lementari all'università o non ci siamo coi tempi....)
Comunque la si pensi, è decisamente irritante una simile campagna pubblicitaria, per giunta immagino pagata da tutta la collettività, non dagli alieni.
Avrei un suggerimento per il ministro: faccia un bel giro nei paesi europei in cui si fanno figli, anche da giovani, e scoprirà che, crisi o no, è più facile trovare un lavoro, si è più tutelati, i servizi alla famiglia ci sono e sono accessibili, lo studio non è un costo e il part-time una scelta possibile.
Lì, molto probabilmente, i ministri si mescolano alla gente o almeno vengono dallo stesso paese, di certo non sono alieni.

sabato 20 agosto 2016

HELP! ho un adolescente di 56 anni!

L'adolescenza è una delle fasi inevitabili della vita, è fisiologico. Oggi pare sia un po' prolungata (a dir la verità anche anticipata), ma nel bene o nel male a partire dai 20 anni pian piano si esaurisce.
Per qual che ricordo, la mia è stata un mix di rispostacce ai gneitori, diari chilometrici e un numero (modesto) di cretinate e blande ribellioni.
Non so nulla di quella di mio marito, sia perchè l'ho conosciuto che aveva già 23 anni, sia perchè mia suocera ha fatto un solo, eloquente commento sull'argomento: "Parlano tutti di adolescenza, ma io ho avuto due figli e non so cosa significhi". O sono stati due esemplari da studiare o lei era un pochino distratta..
Sia quel che sia, arrivato a 56 anni, mio marito ha riscoperto l'adolescenza, che si è manifestata con una delle principali caratteristiche dell'adolescente di oggi: lo smartphone come appendice indispensabile alla vita.
L'infernale oggetto è arrivato nelle sue mani a causa mia: regalo di due Natali fa. Da buon adolescente, a tutt'oggi ha tra le mani il terzo telefono da allora: i primi due sono defunti causa schermo rotto (il secondo per essere stato lanciato in un momento di rabbia).
All'inizio era solo uno strumento come tanti, in fin dei conti c'era solo l'entusiasmo per la scoperta delle varie funzioni. Ma il vero salto di qualità, quello che ha prodotto la vera trasformazione (o involuzione) da adulto ad adolescente, è stata la scoperta di whatsapp.
Da allora è stato un crescendo, con tanto di minacce da parte mia per mantenere l'oggetto lontano da tavola o non usarlo in presenza di ospiti.
C'è anche stato un dramma (vero e proprio: stava per condurre me verso l'omicidio!) quando, in vacanza, inserendo nel telefono la scheda egiziana, whatsapp non funzionava (misteri della scienza: il mio non aveva problemi). Due giorni di imprecazioni, rabbia, agitazione: un leone in gabbia sarebbe stato più tranquillo!! Finalmente è riuscito a risistemare tutto e tornare "connesso al mondo"......e tutto è tornato tranquillo.
Il problema è che ora devo, quotidianamente, mettere in atto minacce tipo "se andiamo a cena da tizio o lasci a casa il cellulare o resto a casa io", oppure "se porti il telefono a tavola ti rovescio il piatto in testa" e via di questo passo. Non ho fatto così fatica con due figlie!
Quello che mi chiedo (con un po' di orrere) è se l'adolescenza ha un suo più o meno lungo decorso ma poi finisce, questa sorta di revival tardivo sarà uguale o no?
O forse è una crisi di pre-anzianità....
Insomma, l'unica cosa certa è che se si mette a cacciare i Pokemon chiedo il divorzio!!

lunedì 1 agosto 2016

Storia di piccole cose

E' tantissimo che non scrivo un post, talmente tanto che mi sono chiesta che razza di blog sia il mio. Ho concluso che è come me: va a perodi.
Evidentemente in questo periodo (un po' lungo, a dire la verità) mi sento poco ispirata.
O forse dovrei tenere qualcosa su cui scrivere vicino al letto, visto che idee, riflessioni e pensieri si affollano quando vado a dormire. O peggio ancora, mentre cammino. Lì ci vorrebbe un registratore, ma immagino che sarei presa per pazza da chi mi incontra: una tizia con un cane al guinzaglio (per la cronaca, il cane dei vicini perchè i miei non amano i lunghi percorsi), sotto al sole (la domenica attorno alle 13/14.... sono masochista, lo so) che parla da sola....
E così i post si perdono nella mia mente.
Di argomenti ce ne sarebbero, sia pubblici che privati.
Quelli pubblici hanno il potere i farmi venire prima il nervoso, poi la voglia di cercare un'altra galassia dove andare a vivere.
Quelli privati.....probabilmente non interessano a nessuno, ma confido nel fatto che chi legge i piccoli blog di gente comune sia spinto almeno in parte da una (sana) curiosità verso il genere umano e proprio per soddisfarla sia incline a seguire i miei sproloqui.
Ultimamente qualcosa ha scalfito la piatta superficie di una più o meno tranquilla vita da casalinga, sia in bene che in male.
E' morto Tommy, il labrador ormai vecchio e piuttosto malandato che con la sua presenza riempiva la casa all'inverosimile. Nella sua vita ne ha combinate di ogni e negli ultimi tempi, ormai diventato tranquillo per anzianità, ha trovato il modo di creare scompiglio con i suoi malanni. Diciamo che per tutta la vita non è mai passato inosservato.
Pensavo che Kai (vecchietta anche lei, ma in forma e tutto sommato contenta di essere l'unico cane di casa) e Maya (la gatta che, come tutti i felini, si ritiene il centro dell'universo) mi sarebbero bastati, almeno per un bel po' di tempo.
Quando mai io penso qualcosa di positivo senza che intervenga il caso a scombinare i piani?
Ecco, appunto: 3 settimane esatte dalla dipartita di Tommy e mi sono trovata con un cucciolo (termine puramente anagrafico: a 2 mesi e mezzo 10.8 kg fanno già un cane di media taglia!). Murphy è per tre quarti pastore corso (l'ultimo quarto non mi è dato sapere) e quindi quasi sicuramente diventerà un cagnone. Per ora è tranquillo (spero non siano le classiche ultime parole famose!) e sta imparando ritmi e regole. Qualche volta penso che sia stato un errore averlo preso e questo quando prevale il pensiero razionale: ad esempio non posso muovermi da casa come voglio e questo in futuro potrebbe creare dei problemi. Ma la parte emotiva è felice e soddisfatta.
Poi ci sono state le vacanze: due settimane di beatitudine nel mio amatissimo Egitto.
Sono perfino riuscita a scordarmi di essere ansiosa e mi sono rilassata. D'altra parte, come si può non essere rilassati senza nulla a cui pensare, con un mare stupendo, il sole compreso nel prezzo, camminate lungo una spiaggia deserta dove gli unici rumori sono lo sciabordio del mare, il vento e il verso dei gabbiani, gli occhi che si riempiono d'azzurro e ad ogni giro di snorkeling una serie di meraviglie che non smette mai di stupire?
Per continuare la cronaca relativa alle piccole cose, altre due manie si sono aggiunte alle mie già innumerevoli. Sto riempiendo la casa di Yankee Candles e mi sono data al bullet journal. Innocenti passatempi che (a parte le candele che mi profumano la casa) non fanno altro che ridurre il mio tempo.
Eh, già, il tempo.... Quello continua a correre e proprio non capisco perchè mi sfugga via sempre più velocemente.
Ma questa è un'altra storia...

lunedì 9 maggio 2016

The dark side of the moon



Probabilmente sono una pessima madre.
In virtù di quel probabilmente sono qui a scrivere, visto che a volte mettere i pensieri nero su bianco aiuta ad ordinarli e analizzarli meglio.
Dubbi ne ho sempre avuti e spero di continuare ad averne: non sopporto chi crede di tenersi la verità in tasca. La vita fluisce, cambia, avanza e arretra: è un continuo mutamento a cui bisogna adattarsi a seconda delle circostanze.
Da che ricordo, ho sempre voluto essere madre (e mi sa che non è la prima volta che lo scrivo): da bambina adoravo le bambole, ma solo quelle che sembravano bimbi (ho detestato la Barbie con tutta l’anima) e i miei giochi erano sempre “di cura”, la scuola, l’ospedale e “le signore”.
Più grande, mi è sempre piaciuto avere qualche bimbo attorno, ma non me ne sono dovuta mai occupare direttamente (mai fatto la babysitter, ad esempio) così, una volta incinta, sono partita decisa ad acquistare libri e riviste perché volevo fare le cose per bene, essere informata e dare una base logica ai miei principi.
Una volta nata la prima figlia, ho cercato di fare la mamma da manuale, con tanto di termometro nell’acqua ad ogni bagnetto (per poi accorgermi dopo settimane di strilli che l’infante gradiva una temperatura diversa), sterilizzazione a tutto spiano (sono arrivata a mettere nello sterilizzatore un libro cartonato…con ovvi risultati!), niente addormentamenti in braccio e via di questo passo. Orgogliosissima di ogni tappa di crescita della bimba e, con la seconda, anche più disinvolta e meno rigida.
Però.
Ecco, c’è sempre un però.
Escludendo il momento della nascita, quando mia figlia davvero mi sembrava la più bella tra tutti i neonati, io non sono mai riuscita a non essere realista. Ho sempre notato i difetti, ho sempre riconosciuto chi, in qualunque campo, aveva un qualcosa in più, ho sempre distinto tra torto e ragione e non ho mai pensato, qualunque cosa succedesse, che le mie foglie fossero sicuramente le vittime della situazione. Valutavo, indagavo e poi obiettivamente vedevo se in quella circostanza era il caso di consolare o rimproverare.
Ed è così anche oggi che le ragazze ormai sono adulte. Non sono (non le vedo) sempre belle, sempre brave, sempre le migliori. A volte lo sono, a volte no. Ed è questo che mi fa dubitare.
Non sono gli errori a farmi dubitare, perché anche se mi dispiace averne fatti, so benissimo che è inevitabile: sono un essere umano, la perfezione non è di questo mondo e sicuramente tutti hanno la propria (più o meno lunga) lista di sbagli. Potrei scrivere pagine sui miei, ma non è questo il punto.
Il punto è che ovviamente amo le mie figlie (questo è fuori discussione), ma non sempre mi piacciono tutti i lati del loro carattere. Anche se vorrei che avessero una vita felice, senza dolori, senza difficoltà, non posso evitare di riconoscere i loro errori 8° cattivi comportamenti o quant’altro) ed essere consapevole che ognuno debba pagare i propri conti, anche loro.
Questo fa di me una cattiva madre? Il non difenderle “a prescindere”? dovrei chiudere gli occhi, ignorare la loro parte oscura e vedere solo quella luminosa, convicendomi che esista solo quella?
Non ci riesco proprio.
Ed è un tarlo che mi rode….

lunedì 14 marzo 2016

E' proprio così....

Nei giorni tristi ti stringerò forte
e ti cullerò tra le mie braccia
come fosse il primo giorno.
Nei giorni felici terrò stretta la tua mano
per accompagnarti e sorreggerti
ancora e più forte, come fosse il primo giorno.
Piangerò quando piangerai,
mi rallegrerò dei tuoi sorrisi e delle tue conquiste,
e mi metterò ad osservare in disparte con il cuore in gola,tu
che, prima di essere mia, eri già destinata a questo mondo.


-Stephen Littleword-

La mia casa ideale

La mia casa ideale è quella di Montalbano. Non per la casa in sè (in fin dei conte se ne vede una piccola parte) ma per il luogo. Oddio, mi sa tanto di abuso edilizio, ma poter uscire di casa ed essere direttamente in spiaggia....beh, direi che non ha prezzo!
Se invece non penso al luogo ma solo alla casa, è tutta un'altra storia.
E se devo sognare, tanto vale sognare in grande!
Ovviamente parlo di una casa e non di un appartamento, e con tanto di giardino (magari con giardiniere incorporato, visto il mio pollice nero!).
Non ho mai definito tutti i dettagli, ma ci sono alcuni punti fermi.
In primo luogo il locale studio/biblioteca: grande, luminoso, con le pareti ricoperte di scaffali fino al soffitoo (e la scala scorrevole per arrivare in cima), una grande scrivania al centro e, indispensabile ciliegina sulla torta, un posto dove sedersi a leggere davanti alla finestra, diciamo più o meno così:


Altra caratteristica importante è un mio personalissimo sfizio: il passavivande tra cucina e sala. Per intenderci, una cosa così:
Nella realtà, mi è capitato di vederlo una sola volta in una casa vecchiotta e piena di difetti, ma questo particolare mi aveva incantato al punto di provare un po' di invidia nei confronti di chi ci viveva. Restando in cucina, ci vorrebbe anche un piccolo locale dispensa, tanto per non farsi mancare nulla.






Altro requisito indispensabile, oltre ad un congruo numero di camere da letto e ad una stanza per gli ospiti, è la cabina armadio, di quelle superattrezzate. Diciamo una cosina tipo questa:


Anche i bagni (ovviamente in numero adeguato) devono essere ampi, luminosi e con vasca da bagno e doccia superaccessoriate.
Già così sarebbe una casa stupenda, ma mancano un paio di cose.
Prima di tutto una taverna, dove trovarsi con gli amici, organizzare cene o altro senza avere l'ansia di dover riordinare subito.
E poi la lavanderia (con uscita all'esterno dove stendere i panni al sole), ovviamente attrezzatissima.


Ci deve essere anche un impianto stereo, per ascoltare la musica mentre si stira....










L'esterno è più nebuloso. Si, il giardino curato, un portico,uno spazio per pranzare o cenare all'aperto in estate, ma molto dipenderebbe anche dal luogo.
Tempo fa ho letto da qualche parte che le persone assomigliano alla propria casa. Potrebbe essere parzialmente vero: sono affezionata alla mia casa ma non mi piace, così come io non mi piaccio. E vorrei qualcosa di totalmente diverso, proprio come vorrei essere io molto diversa. C'è da dire però che ho potuto scegliere ben poco della mia casa, quindi il paragone regge fino ad un certo punto.
Naturalmente la casa dei miei sogni resterà per sempre tale...ma come si potrebbe vivere senza sogni, anche se irrealizzabili?

domenica 28 febbraio 2016

Chi ha paura dei vegani?

Non sono vegana per una lunga serie di motivi.
In realtà, in fondo al cuore vorrei esserlo, ma per ora no.
In primo luogo già mi è difficile essere vegetariana in una famiglia che non lo è e con un marito che mette ai primissimi posti della sua top ten dei piaceri della vita il cibo. E per cibo intendo tutto ciò che è "tradizionae". Ed è difficile sradicare in lui il concetto che con le verdure non ti sazi, ma ci vuole la carne.
Poi vivo in campagna e ho molti vicini che allevano (e coltivano). Non mi sento in colpa a mangiare le uova di galline che vivono in un pollaio più grande di casa mia! Non penso che le api siano felici di vedersi portar via il miele, ma vedo come sono accudite e mi pare non stiano peggio di un operaio in catena di montaggio!
Facendo la spesa cerco di scegliere prodotti che non derivino da animali allevati intensivamente (almeno, per qunato sia possibile appurarlo). Sono convinta che un compromesso tra il benessere degli animali e il loro "sfruttamento" sia  più che possibile.
Non sopporto gli estremismi e ovviamente schiaccio le mosche e le zanzare: sono pur sempre un essere umano! E comunque in natura, piaccia o no, non sempre fila tutto liscio tra specie differenti.
Quello di cui non riesco a capacitarmi, però, è l'atteggiamento degli "onnivori" nei confronti di vegetariani o, soprattutto, di vegani : ma che fastidio vi danno? Mi va bene la battuta tra amici, ma spesso noto un accanimento senza senso. Internet è il regno delle bufale e sono convinta che molte opinioni di vegani riportate come reali, siano invece delle montature. Ma anche se fossero vere? gli imbecilli ci sono ovunque, le assurdità le dicono tutti (bastano 5 minuti su facebook per rendersene conto...) E' come se io mi accanissi contro chi mangia i broccoli perchè proprio non li sopporto. O me la prendessi con chi non mangia le cipolle. Oppure, quando mai (al di là di qualche battuta) c'è stata una campagna contro gli astemi?
Cos'è tutto questo astio verso chi, per un motivo o per l'altro, è diverso e vive al di fuori di uno schema a cui si è abituati? Dobbiamo per forza trovare un modo per sfogare le nostre frustrazioni e non troviamo di meglio?
Accettiamo in silenzio soprusi di ogni genere e poi lanciamo strali contro chi mangia vegano?
Ma per piacere, un po' di tolleranza, un po' di rispetto verso le opinioni altrui, un po' di dialogo se non si è d'accordo, ma basta!
Lasciamo che ognuno viva e mangi come meglio crede e se è diverso da noi proviamo a capire perchè.
Magari usando il cervello invece della pancia potremmo scoprire qualcosa di nuovo...

mercoledì 27 gennaio 2016

Io la penso così



Visto che lo fanno tutti, anch’io mi butto e dico la mia.
A meno che qualcuno non decida di fare l’eremita, totalmente isolato da tutto e da tutti, chiunque viva a contatto con il resto dell’umanità deve, più o meno, adeguarsi a leggi e convenzioni sociali.
A parte qualche regola quasi universale (immagino che in nessun luogo e tempo sia lecito ammazzare e rubare), sia leggi che convenzioni sono legate al momento storico e al luogo. Di per sé nulla è giusto o sbagliato in assoluto ma va sempre contestualizzato, e l’umanità è in continuo progredire (o in alcuni casi regredisce, ma questa è un’altra storia). Ad esempio, 100 anni fa in Italia le donne non avevano diritto di voto, oggi non sembra neppure possibile che fosse così. Ad esempio, in Giappone è considerato molto maleducato soffiarsi il naso in pubblico: ci sarà un motivo, non lo so, comunque sia è una di quelle regole non scritte che vanno sotto il nome di “convenzioni sociali” esistono per evitare la totale anarchia ma esistono anche per essere sorpassate, modificate, riprese….l’umanità non è statica ma in continuo movimento. La libertà assoluta è un’utopia (salvo per gli eremiti, forse): se voglio la libertà di ascoltare musica a tutto volume alle 2 di notte, il mio vicino vuole la libertà di poter dormire. Per fortuna esistono le cuffie e salvano entrambi i diritti, ma non sempre è così facile.
Il fatto è che siamo (fortunatamente) diversi e dobbiamo trovare il modo di convivere più o meno pacificamente, senza ferirci o calpestarci troppo l’un l’altro. Ma la cosa più importante è che nulla è eterno e immutabile: si possono (spesso si devono) mutare leggi, abitudini, convenzioni proprio per convivere al meglio.
Ognuno ha la propria storia che l’ha portato ad essere in un modo piuttosto che in un altro.
Io sono sposata, ho due figlie, due cani e un gatto, vivo in campagna e sono casalinga. Non concepisco una vita senza figli, sarei molto più triste senza animali, non riuscirei mai a vivere in una grande città e, se anche credo di aver parzialmente sbagliato a fare la casalinga, proprio mai avrei voluto o vorrei essere una donna in carriera. Non ho torto e non ho ragione, semplicemente io sono questa persona. Non mi sento minimante minacciata da chi è volutamente single, non ha figli, non terrebbe mai in casa un animale, vive felicemente in città e mette la carriera al primo posto nella sua scala di valori. Semplicemente siamo diversi, viviamo diversamente e finchè nessuno dei due cerca di imporre il proprio modus vivendi all’altro non ci sono problemi.
Quindi mi chiedo (eccomi finalmente al punto): ma dove sta il problema delle coppie gay?
Io proprio non mi capacito.
Personalmente credo che se un uomo e una donna decidono di convivere, per avere qualche tutela legislativa in più non avrebbero che da sposarsi (senza feste e pompa magna, 10 minuti in comune e via)  e quindi mi pare superfluo un “patto legale” che tuteli i conviventi e non si chiami matrimonio. Magari è un fatto psicologico, non lo so, io la vedo così ma se lo si vuole fare per me non cambia assolutamente nulla.
Altra cosa è l’esistenza di altri tipi di convivenze non di coppia (chiamiamola non amorose) che potrebbero/dovrebbero essere istituzionalizzate e tutelate: troviamogli un nome e delle regole di base (come mi pare funzioni in altri paesi) e fine del problema. E visto che, piaccia o no, gli omosessuali esistono (anche nel regno animale, nonostante la scienza non l’abbia voluto/potuto divulgare fino a poco fa), non vedo perché non abbiano il diritto di formare una coppia stabile che venga legalmente riconosciuta come un matrimonio.

lunedì 11 gennaio 2016

Il 2015 in libri



Come al solito, finito un anno mi piace fare il bilancio delle mie letture.
Devo dire che ho letto parecchio, 62 libri, alzando la mia media abituale.
La prima metà dell’anno è stata dominata dalla mia prima sfida letteraria, il Gioco della OSA. Una specie di gioco dell’oca con un percorso da seguire, caselle con missioni di vario tipo da portare a termine e punteggi. La parte decisamente più divertente e stimolante è stata quella di reperire il giusto libro per ogni missione. Tanto per citare alcuni esempi, libro distopico, spin off letterario, libro con occhiali in copertina, libro pubblicato nel proprio anno di nascita…. a volte con un determinato numero di pagine o altre limitazioni. Questo ha fatto si che mi accostassi a libri o generi a cui mai avrei pensato. Ho letto Hunger games (che pensavo fosse peggio di quel che è in realtà), ho colmato una lacuna della mia infanzia con L’isola del tesoro, ho scoperto che qualche fantasy ogni tanto ci può stare (La città dei libri sognanti) e mi sono accostata a due autrici di cui leggerò sicuramente altro, Bianca Pitzorno e Daphne du Murier. Ho anche fatto qualcosa che mi capita assai raramente, cioè rileggere. Dopo almeno 35 (se non addirittura 40) anni, ho riletto Il vecchio e il mare, che è servito a ricordarmi perché esistono scrittori, anche molto bravi, e Grandi Scrittori. Hemingway è stato forse il primo autore “da grandi” che ho iniziato a leggere all’epoca delle scuole medie, insieme a Steinbeck, Silone e via via altri…. Con la mia idea che c’è così tanto da leggere che manca il tempo per rileggere, non ho mai più preso in mano molti libri che, letti ora, con una diversa consapevolezza, sicuramente sono apprezzati ancora di più.
La parte negativa del gioco è stata la sua durata: sei mesi di letture in un certo qual modo “obbligate” mi è risultato un po’ pesante. Nonostante io non sia particolarmente competitiva (per la cronaca, sono arrivata nona su una settantina di persone iscritte), non è da me abbandonare una sfida, però alla fine mi mancava l’entusiasmo e la voglia di cercare. Bella esperienza, ma preferisco essere una lettrice molto più anarchica
Ho letto un libro reso famoso dall’omonimo film, American sniper. Mi è piaciuto poco, più che altro perché me lo aspettavo molto più (mi si passi il termine) interiore: pensavo ci fosse più spazio per pensieri e sensazioni che non per la descrizione di armi, colpi sparati, postazioni scelte…. Invece un altro libro dello stesso genere, Fratelli guerrieri, è stato decisamente una lettura molto più interessante, proprio perché lasciava spazio alla persona.
Le piacevoli sorprese sono state almeno tre. Il celeberrimo Io prima di te, che temevo fosse melenso e banale, invece si è rivelato un romanzo molto gradevole e soprattutto non superficiale; uno spassosissimo Tutto sulla Finlandia, divertente e ironico, e infine un giallista che molti mi avevano consigliato ma non avevo mai provato, Jo Nesbo: ho letto il suo primo thriller, Il pipistrello, e sicuramente continuerò con gli altri.
Ho naturalmente avuto spazio per alcuni tra i miei autori preferiti, che di solito per me sono una garanzia: Dunne (La grande amica, un lungo racconto), King (Mr. Mercedes, all’altezza delle aspettative, e Joyland, un pochino al di sotto delle sue potenzialità), Allend (Afrodita, che però ho trovato noioso e ripetitivo, per la prima volta una delusione) e Deaver (La stanza della morte, penultima indagine del mio amatissimo Lincoln Rhyme)
Ci sono stati libri che mi hanno lasciata perplessa. Innanzi tutto Nel segno della pecora di Murakami. Io ho uno strano rapporto con questo scrittore (a dire la verità con tutto ciò che è giapponese): non mi convince mai fino in fondo, ma continuo a leggerlo. Questo però mi sembra davvero il peggio riuscito tra tutti quelli letti, un nonsense che non faceva altro che ricordarmi la famigerata barzelletta della yellow pecora. Avrò problemi io, che dire. L’altro invece è stato Ritorno a Pompei della Nothomb, che non conoscevo. Ancora mi chiedo quale sia il significato, dove l’autrice voglia andare a parare…il “boh” con cui lei conclude il libro rispecchia benissimo lo stato d’animo con cui ho concluso la lettura… Se capita potrei darle un’altra possibilità, ma solo se capita accidentalmente.
Lascio per ultime le letture più belle: La zia Marchesa, ritratto di un luogo e di un’epoca bellissimo; L’estate di Ulisse Mele, vicenda famigliare vista con gli occhi di un bambino; Il richiamo del cuculo, che mette decisamente la Rowling tra le brave scrittrici, capace di produrre ottimi romanzi anche dopo Harry Potter e Io, te e la vita degli altri, deliziosissimo e divertente.
Infine l’unico “5 stelle” (ovvero il massimo) dell’anno, giunto proprio l’ultimo mese e casualmente: C’è bisogno di nuovi nomi, di NoViolet Bulawayo, scrittrice africana che vive negli Stati Uniti. Qui devo aprire una parentesi. Ho iniziato a partecipare alle catene di lettura con il gruppo di amiche di libri, che ormai sono diventate amiche e basta. In pratica ognuno mette a disposizione un libro che viene spedito a chi vuole leggerlo e che lo arricchirà con note, commenti ecc, finchè non ritorna al proprietario dopo essere stato in giro per tutta Italia (oddio, torna….poste permettendo!). E’ stata proprio una catena a farmi arrivare a questa lettura, di cui non avrei saputo l’esistenza. Credo sia autobiografico, o almeno lo sia in parte. C’è l’Africa povera e violenta, c’è l’America sognata e quella reale. Come sempre, io privilegio le emozioni che un libro regala, e questo è stato generosissimo.
Tutto sommato devo dire che è stato un anno non eccelso ma ricco di letture positive, quindi posso dirmi soddisfatta. Del resto, l’unico rimpianto è sempre lo stesso “così tanti libri da leggere, così poco tempo per farlo…”