domenica 2 febbraio 2014

Noi & loro



Ho appena finito di leggere Gli sdraiati: ritratto di un adolescente di oggi con considerazioni di un padre. E questo mi ha portato ad alcune riflessioni.
Da che mondo e mondo, genitori e figli appartengono a due generazioni che un minimo di conflitto devono averlo, altrimenti il mondo resterebbe immobile. Forse c’è una curva esponenziale nella velocità dei mutamenti della società e quindi ora si avverte sempre di più la differenza.
Quando sono nata, la mia famiglia (come moltissime altre) non aveva la tv, non aveva l’auto, non aveva il telefono. Ora in famiglia (come molti) abbiamo 3 auto, tv, videoregistratore supertecnologico, 4 computer, 4 ipod, 5 cellulari (due smartphone), il wifi……..continuo?
E quindi dove sta il punto? Quando eravamo noi gli adolescenti? La musica che ascoltavo io era “rumore” per i miei. Facevamo i compiti con lo stereo a volume altissimo. Stavamo ore al telefono, addirittura facevamo i compiti insieme. E i genitori criticavano. Cambiano i modi, cambiano i mezzi, ma in fin dei conti i ragazzi fanno solo l’eterno lavoro di differenziarsi da noi adulti. E a noi non piace, come non piaceva ai nostri genitori, ai nostri nonni…. Sono pigri, sono indolenti, sono disordinati, non fanno nulla in casa…….ma chi li ha cresciuti così? Noi, la generazione che ha anteposto a tutto uno smisurato ego e la carriera. Ed ora che le cose non sono come ci piacciono abbiamo pure il coraggio di lamentarci. Ma questi ragazzi ci sentono dire che non c’è futuro, mentre in realtà loro sono il futuro: che dovrebbero pensare? Vivono la vita che gli abbiamo offerto e cercano una loro strada, come è sempre stato.
Buona parte della loro musica (gusti personali a parte) è bella. Molti di loro hanno idee, fantasia, voglia di fare. Si innamorano, si incontrano (e che grande opportunità sms  e chat per i timidi!), viaggiano, superano i confini del “qui e ora” e sognano il mondo…. Sbagliando, provando, rinunciando, riprovando: come abbiamo fatto noi. Hanno mezzi diversi, abitudini diverse, una società diversa, ma l’animo umano è sempre quello. In fin dei conti si creeranno il mondo che vorranno, o almeno ci proveranno.
Dire “ai miei tempi” non è sinonimo di vecchiaia, ma di rinuncia alla vita: finchè viviamo, a qualunque età, il presente è comunque il nostro tempo, che ci piaccia o no. Se rimpiangiamo il passato (umano, ma del tutto inutile), non ci godiamo il presente (che è ciò che indiscutibilmente abbiamo) e guardiamo con paura e sfiducia al futuro, allora siamo biologicamente vivi, ma mentalmente morti…e alla morte non c’è rimedio.

2 commenti:

  1. Ci stavo pensando anche io, solo che non ero riuscita a formularlo così bene. Lia

    RispondiElimina
  2. felice di non essere l'unica a pensarla così

    RispondiElimina