Ho appena finito di leggere Gli sdraiati: ritratto di un
adolescente di oggi con considerazioni di un padre. E questo mi ha portato ad
alcune riflessioni.
Da che mondo e mondo, genitori e figli appartengono a due
generazioni che un minimo di conflitto devono averlo, altrimenti il mondo
resterebbe immobile. Forse c’è una curva esponenziale nella velocità dei
mutamenti della società e quindi ora si avverte sempre di più la differenza.
Quando sono nata, la mia famiglia (come moltissime altre)
non aveva la tv, non aveva l’auto, non aveva il telefono. Ora in famiglia (come
molti) abbiamo 3 auto, tv, videoregistratore supertecnologico, 4 computer, 4
ipod, 5 cellulari (due smartphone), il wifi……..continuo?
E quindi dove sta il punto? Quando eravamo noi gli
adolescenti? La musica che ascoltavo io era “rumore” per i miei. Facevamo i
compiti con lo stereo a volume altissimo. Stavamo ore al telefono, addirittura
facevamo i compiti insieme. E i genitori criticavano. Cambiano i modi, cambiano
i mezzi, ma in fin dei conti i ragazzi fanno solo l’eterno lavoro di differenziarsi
da noi adulti. E a noi non piace, come non piaceva ai nostri genitori, ai
nostri nonni…. Sono pigri, sono indolenti, sono disordinati, non fanno nulla in
casa…….ma chi li ha cresciuti così? Noi, la generazione che ha anteposto a
tutto uno smisurato ego e la carriera. Ed ora che le cose non sono come ci
piacciono abbiamo pure il coraggio di lamentarci. Ma questi ragazzi ci sentono
dire che non c’è futuro, mentre in realtà loro sono il futuro: che dovrebbero
pensare? Vivono la vita che gli abbiamo offerto e cercano una loro strada, come
è sempre stato.
Buona parte della loro musica (gusti personali a parte) è
bella. Molti di loro hanno idee, fantasia, voglia di fare. Si innamorano, si
incontrano (e che grande opportunità sms
e chat per i timidi!), viaggiano, superano i confini del “qui e ora” e
sognano il mondo…. Sbagliando, provando, rinunciando, riprovando: come abbiamo
fatto noi. Hanno mezzi diversi, abitudini diverse, una società diversa, ma l’animo
umano è sempre quello. In fin dei conti si creeranno il mondo che vorranno, o
almeno ci proveranno.
Dire “ai miei tempi” non è sinonimo di vecchiaia, ma di
rinuncia alla vita: finchè viviamo, a qualunque età, il presente è comunque il
nostro tempo, che ci piaccia o no. Se rimpiangiamo il passato (umano, ma del
tutto inutile), non ci godiamo il presente (che è ciò che indiscutibilmente
abbiamo) e guardiamo con paura e sfiducia al futuro, allora siamo
biologicamente vivi, ma mentalmente morti…e alla morte non c’è rimedio.
Ci stavo pensando anche io, solo che non ero riuscita a formularlo così bene. Lia
RispondiEliminafelice di non essere l'unica a pensarla così
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