Probabilmente sono una pessima madre.
In virtù di quel probabilmente sono qui a scrivere, visto
che a volte mettere i pensieri nero su bianco aiuta ad ordinarli e analizzarli
meglio.
Dubbi ne ho sempre avuti e spero di continuare ad averne:
non sopporto chi crede di tenersi la verità in tasca. La vita fluisce, cambia,
avanza e arretra: è un continuo mutamento a cui bisogna adattarsi a seconda
delle circostanze.
Da che ricordo, ho sempre voluto essere madre (e mi sa che
non è la prima volta che lo scrivo): da bambina adoravo le bambole, ma solo
quelle che sembravano bimbi (ho detestato la Barbie con tutta l’anima) e i miei
giochi erano sempre “di cura”, la scuola, l’ospedale e “le signore”.
Più grande, mi è sempre piaciuto avere qualche bimbo
attorno, ma non me ne sono dovuta mai occupare direttamente (mai fatto la
babysitter, ad esempio) così, una volta incinta, sono partita decisa ad
acquistare libri e riviste perché volevo fare le cose per bene, essere
informata e dare una base logica ai miei principi.
Una volta nata la prima figlia, ho cercato di fare la mamma
da manuale, con tanto di termometro nell’acqua ad ogni bagnetto (per poi
accorgermi dopo settimane di strilli che l’infante gradiva una temperatura
diversa), sterilizzazione a tutto spiano (sono arrivata a mettere nello
sterilizzatore un libro cartonato…con ovvi risultati!), niente addormentamenti
in braccio e via di questo passo. Orgogliosissima di ogni tappa di crescita
della bimba e, con la seconda, anche più disinvolta e meno rigida.
Però.
Ecco, c’è sempre un però.
Escludendo il momento della nascita, quando mia figlia
davvero mi sembrava la più bella tra tutti i neonati, io non sono mai riuscita
a non essere realista. Ho sempre notato i difetti, ho sempre riconosciuto chi,
in qualunque campo, aveva un qualcosa in più, ho sempre distinto tra torto e
ragione e non ho mai pensato, qualunque cosa succedesse, che le mie foglie
fossero sicuramente le vittime della situazione. Valutavo, indagavo e poi
obiettivamente vedevo se in quella circostanza era il caso di consolare o
rimproverare.
Ed è così anche oggi che le ragazze ormai sono adulte. Non
sono (non le vedo) sempre belle, sempre brave, sempre le migliori. A volte lo
sono, a volte no. Ed è questo che mi fa dubitare.
Non sono gli errori a farmi dubitare, perché anche se mi
dispiace averne fatti, so benissimo che è inevitabile: sono un essere umano, la
perfezione non è di questo mondo e sicuramente tutti hanno la propria (più o
meno lunga) lista di sbagli. Potrei scrivere pagine sui miei, ma non è questo
il punto.
Il punto è che ovviamente amo le mie figlie (questo è fuori
discussione), ma non sempre mi piacciono tutti i lati del loro carattere. Anche
se vorrei che avessero una vita felice, senza dolori, senza difficoltà, non
posso evitare di riconoscere i loro errori 8° cattivi comportamenti o
quant’altro) ed essere consapevole che ognuno debba pagare i propri conti,
anche loro.
Questo fa di me una cattiva madre? Il non difenderle “a
prescindere”? dovrei chiudere gli occhi, ignorare la loro parte oscura e vedere
solo quella luminosa, convicendomi che esista solo quella?
Non ci riesco proprio.
Ed è un tarlo che mi rode….
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